Premio Michele Serio

Premio Michele Serio

Un premio per celebrare il talento,
un ricordo che ispira il futuro

Un premio per celebrare il talento,
un ricordo che ispira il futuro

Lorenzo De Vita tornò a Napoli dopo otto anni di esilio volontario. Aveva lasciato la città con una pistola scarica in tasca e il nome del fratello, Michele, inciso nella memoria come un giuramento. Michele era morto per qualcosa che Lorenzo non aveva fatto. O, meglio, per qualcosa che non aveva voluto dire.

Pioveva quando il treno lo scaricò alla stazione. Una pioggia fine, di quelle che sembrano lavare tutto tranne i rimorsi. Indossava un cappotto liso, il colletto alzato. Non aveva un piano. Solo una vecchia fotografia strappata a metà: lui da un lato, il fratello dall’altro. E sul retro, scarabocchiata con la biro, una parola sola: Pagliarulo.

Era un nome che non sentiva da anni. Un tempo, Don Ennio Pagliarulo era il re di Forcella, gestiva gioco, traffici e silenzi. Ma adesso i re erano cambiati, e nessuno sapeva più chi comandava davvero. Lorenzo sapeva solo che Michele era morto per aver pestato piedi troppo grossi. E che il suo nome era stato usato come copertura.

Cominciò a indagare in silenzio. Visitò vecchi amici, vecchi bar, vecchi debiti. Tutto era cambiato eppure uguale. Una Napoli livida, più scura di quanto la ricordasse, dove ogni angolo sembrava avere orecchie e ogni sorriso una lama.

Poi, una notte, lo trovò. Il nuovo Pagliarulo.

Si faceva chiamare “il Maestro”. Viveva nel seminterrato di una palestra abbandonata, tra sacchi da boxe e poltrone di pelle sporca. Parlava lentamente, con voce bassa, come se stesse sempre dettando una sentenza.

“Tu sei il fratello,” disse senza bisogno di presentazioni. “Quello che è scappato invece di morire.”

Lorenzo non rispose. Estrasse dal cappotto la foto. “Chi ha ordinato di ucciderlo?”

Il Maestro rise, un suono secco, senza gioia. “Tu pensi che basti tornare e fare domande? Che Napoli stia qui ferma ad aspettarti?”

“Non mi importa più della vendetta,” disse Lorenzo. “Mi basta sapere perché.”

Il Maestro lo fissò. Poi si alzò, gli porse un bicchiere con un liquido scuro e un nome.

“Fu Giuliana. Lo amava. Ma Michele non voleva più stare al gioco. E a un certo punto, anche l’amore è un rischio per chi comanda.”

Lorenzo impallidì. Giuliana. La donna che aveva amato anche lui. La donna che pensava vittima, e che invece aveva tenuto in mano la corda.

“Perché me lo stai dicendo adesso?”

“Perché non ti serve a nulla. È passato troppo tempo. E ora che lo sai, sei libero.”

Ma la libertà, Lorenzo lo sapeva bene, non era mai gratuita. Uscì dalla palestra e camminò per ore sotto la pioggia. Passò davanti al vicolo dove avevano trovato il corpo del fratello. Si fermò. Ascoltò.

E nel silenzio, sentì ancora quei passi.